Cosa hanno in comune un piccolo villaggio del Portogallo con un grande marchio di acque minerali? Il nome, solo il nome. Ma non è cosa da poco nell’epoca di internet e della globalizzazione.
Ecco il fatto. Pedro, un ingegnere che lavora in un piccolo paese del Portogallo, sta aspettando di essere trasferito a Lisbona. Ma improvvisamente riceve una lettera da una multinazionale che gli intima di chiudere il sito web del villaggio Aguas Altas, che lui stesso aveva creato, per violazione del dominio, pena di una multa di 500.000 euro. Ma solo l’assemblea del villaggio può decidere di chiudere il sito. I cittadini rifiutano. Se il sito di Aguas Altas vale un risarcimento di 500.000 euro, allora può valere quella stessa cifra di utili. Gli eventi precipitano quando la stampa inizia a interessarsi a questa storia. Sotto i riflettori dei media, le tensioni nel villaggio crescono e gli abitanti si dividono. Cosa fare? Pagare la cifra che l’azienda chiede come risarcimento o chiudere il sito? Oppure cercare di trarre il massimo vantaggio dalla situazione.
Una sfida tra Davide e Golia. Uno scontro a prima vista impari. Comunque sia, la resistenza del piccolo villaggio contro la multinazionale si fa dura.
Gli spunti di riflessione non mancano: la potenza dei media, la risonanza della rete e gli interessi milionari che ci girano intorno. Il regista portoghese Luís Galvão Teles mostra di saper giocare bene con questi temi, narrando la storia di un paesino sperduto che prima si arrende all’invasione mediatica e ai profitti che essa genera per poi lottare contro di essa.
Una girandola di equivoci e di piccole storie ambientate in un villaggio immerso in un paesaggio incantato, un piccolo mondo dove in apparenza il tempo si è fermato, catapultato improvvisamente nel mondo globale e globalizzato. Felice è il contrasto tra il colorato campionario di tipi umani alcuni decisamente naïf e il grigio e asettico mondo di una multinazionale che sta lanciando sul mercato una marca di acque minerali. La battaglia a distanza diventa lotta sempre più ravvicinata con l’invio di una rappresentate della multinazionale, poi con l’arrivo del portavoce del primo ministro e infine con l’arrivo di una celebre giornalista televisiva nonché fidanzata dell’ingegnere che ha creato l’ormai famoso sito della discordia.
Ma la guerra dei due “mondi”, anche se piacevole e ricoperta da una patina di umorismo leggero, non arriva mai a coinvolgere più di tanto e la sfida è tirata forse troppo per le lunghe finendo comunque con una risoluzione in cui furbescamente gli abitanti traggono il massimo vantaggio per il loro paese scegliendo per il “no” definitivo a un tanto desiderato ponte (reale e metaforico) che li avrebbe collegati con il resto del Portogallo e del mondo.
Molto evidente è il debito a commedie inglesi ambientate in piccoli ‘côté’, lo stesso tipo di minuscolo mondo rurale sullo stile, tanto per fare un esempio, di Svegliati Ned qui trasferito tra i climi e i colori più caldi del Portogallo.
Resta un piacevole “presepe” ma dall’andamento un po’ troppo pacato e animato da tante figurine un po’ troppo stereotipate: una commerciante chiacchierona, lo scemo del villaggio, un’anziana coppia divisa da posizioni opposte che rischia la separazione, il sano ragazzotto di campagna, il sindaco-barista e il prete “globalizzato” cui è affidata una delle battute più felici del film “Se Gesù fosse vivo, anche lui avrebbe avuto un sito internet”. Davvero, chissà.
Elena Bartoni
